Soffi

Sotto il titolo Soffi sono raccolti lavori realizzati a partire dal 1977, caratterizzati dall’impiego di materiali e procedimenti tra loro differenti, ma accomunati dal convergere di esperienze maturate attraverso le opere precedenti, quelle incentrate sulla parola e sul contatto, e da una stessa logica. Tutti i lavori evocano l’esistenza di una proprietà transitiva, capace di legare fatti, informazioni e forme oggettive, che vengono trasmesse da un elemento all'altro nel proprio essere parte del processo di creazione e parte della natura.

Soffi, 1975 (dettaglio)

© Archivio Penone

Il respiro è scultura.

È la scultura della pietra intrusiva,
della crescita di un ramo,
della fusione in bronzo.

I soffi visualizzati con della polvere e fotografati
si rivelano vaso, goccia, otre.

Già in precedenza alcuni lavori proponevano una convergenza fra linguaggio e senso del tatto. In Pane alfabeto (1970), ad esempio, una matrice metallica che riporta la sequenza delle lettere dell'alfabeto viene inserita in una grande forma di pane, che viene cotto e poi esposto all'aperto. Gli uccelli beccandolo svelano - e così assimilano - le lettere dell'alfabeto.

Pane alfabeto, 1970

© Archivio Penone

Alfabeto (1970), invece, è una sequenza di ventuno fotografie formato tessera, dove ognuna mostra l’artista che pronuncia una delle lettere dell'alfabeto latino. Gli stessi scatti vengono combinati in modo diverso, in ordine alfabetico, o a formare il nome e il cognome dell’artista, in una sequenza apparsa nel manifesto dell'Aktionsraum 1 di Monaco di Baviera nel 1970.

Alfabeto, 1970

© Archivio Penone

L'opera Vaso (1973-1977), dalla complessa elaborazione, segna un punto di svolta a livello tecnico dal momento che l’artista recupera, pur con impieghi innovativi, materiali e processi di impronta tradizionale, che non avrebbe più abbandonato, iniziando a nutrire e a rivelare un rapporto con il passato come dimensione culturale, anziché puramente naturale. Intorno a un vaso proveniente da uno scavo archeologico, sulla cui superficie sono visibili le impronte digitali dell'antico ceramista, si dispongono quattro elementi in bronzo che sono ingrandimenti delle tracce impresse nell'argilla dalle dita dell'artigiano, rivelati da Penone attraverso la tecnica della fusione.

Il bronzo è materiale nobile e durevole, e Penone individua una correlazione tra le fasi di lavorazione della tecnica di fusione a cera persa, in cui il metallo fluisce nello stampo e l'aria viene espulsa dalle canne della matrice, e le fasi della respirazione, tanto da ipotizzare che l'invenzione della tecnica possa essere avvenuta in un'epoca in cui l'uomo aveva una concezione animistica della realtà.

Vaso, 1975

© Archivio Penone

Il vorticoso movimento rotatorio prodotto dal vasaio tende ad agevolare nella creta il formarsi di un vortice, forma tipicamente fluida, prontamente colmato dalla intromissione dell’aria che il vasaio, con la rapidità della sua azione, chiude all’interno del suo vortice.

L’emissione di fiato è l’equivalente dell’aria che si introduce nel vortice del vasaio ed è l’equivalente della parola.

La parola è ricchissima di connotazioni ed è in grado di suscitare immagine cioè, apparentemente, di creare dal nulla.

Con il bronzo Penone realizza opere ben note, come Patate (1977) e Zucche (1978-1979). Eseguiti dei calchi anatomici in gesso del proprio volto, l’artista li pone nella terra e coltiva i vegetali a contatto delle loro cavità in modo che, sviluppandosi a contatto con essi, ne assumano la forma. L’intero processo è documentato fotograficamente. Penone seleziona quindi cinque patate e quattro zucche cresciute secondo il suo progetto e le fonde in bronzo. Le superfici delle patate ricalcano dettagli del naso, della bocca, delle orecchie e del profilo dell'artista.

Patate, 1977

© Archivio Penone

Le zucche, invece, con i fiori e foglie dell'intera pianta, mostrano una versione deformata dell'intero volto. Fin dalla loro prima esposizione, alla personale del 1978 alla Kunsthalle di Baden-Baden, le patate vengono presentate mescolate a veri tuberi. Le zucche, invece, a partire da una personale alla InK, die Halle für internationale neue Kunst di Zurigo, nell'autunno del 1979, sono esposte insieme a Nero assoluto d'Africa (1978-1979), un blocco di granito in cui Penone ha inciso un'impronta di se stesso in abbigliamento contemporaneo, per rafforzare il contrasto fra l'aspettativa di durata dei materiali scelti per la scultura rispetto a quella dei materiali biologici dei modelli.

Patate, 1977

Zucche, 1978-1979

Nero assoluto d’Africa, 1978-1979

© Archivio Penone

Per la serie Soffi, molta elaborazione passa attraverso i disegni, eseguiti con le tonalità della terra, in sanguigna, matita, inchiostro ocra, o caffè, vicini al colore degli esemplari poi modellati in terracotta. Con un’esplicita meditazione sulle opere di Leonardo e sulla grafica orientale, in questi disegni Penone ha registrato il volume che l'aria occupa all'interno del corpo umano o il percorso che fa quando esce dai polmoni, quando il respiro viene emesso dalle labbra, le forme che assume quando non incontra alcun ostacolo, o quando sfiora gli oggetti, o i vortici in cui si sfilaccia.

Soffi, 1977

© Archivio Penone

Nei Soffi di terracotta l'artista dà quindi sostanza materiale al volume del suo respiro. Usa la creta perché è "un elemento solido da sempre legato ai fluidi, con le sue caratteristiche plastiche", come scrive nel 1974. Tutti questi lavori hanno la forma approssimativa di un vaso, che traduce il gesto primitivo di unire le mani per bere, oltre a evocare il grembo materno.

Soffio, 1978

© Luigi Gariglio

Nella prima fase della creazione Penone realizza un calco in gesso della parte anteriore del proprio corpo, dal collo ai piedi. Impiegando la cosiddetta tecnica "a colombino", sovrappone cordoli di argilla per comporre la forma curvilinea e a goccia del respiro, ad eccezione di un asse verticale lungo il quale essi aderiscono al positivo del calco in gesso. Nella parte superiore, dove il diametro dell'opera si stringe (dove cioè il collo del vaso corrisponde al collo dell’artista), l’artista lascia l’impronta del suo volto e inserisce un calco della sua bocca. Le labbra, affondando nel materiale, emettono il respiro, che si materializza in vortici che piegano l'argilla. In quest'opera Penone interviene arbitrariamente, modellando ciò che altrimenti non si vedrebbe, cioè le linee curve in cui il respiro si scompone nell'impatto con il corpo.

Giuseppe Penone con Soffio, 1978

© Paolo Mussat Sartor

In Soffio di foglie (1979), invece, Penone ricorre a foglie vere (foglie di bosso, sostituite in un’altra versione con il mirto), che ammassa e poi si sdraia sul cumulo, lasciando il calco del suo corpo e, ruotando il capo di lato, espira. Quando si alza, le foglie registrano un'impronta sia del suo corpo sia del suo respiro.

Soffio di foglie, 1979

© Archivio Penone

Respirare l'ombra,
la propria ombra;
l'ombra del proprio corpo si estende all'interno,
alle proprie viscere.

In Respirare l'ombra (1998) un'ombra conica proiettata dal corpo umano è materializzata attraverso una griglia di foglie di alloro in bronzo. Il corpo che genera la sagoma svasata è suggerito in negativo, mentre il dettaglio dei polmoni e del tubo tracheale è una scultura a tutto tondo, anch’essa creata con un intreccio di foglie di alloro fuse in bronzo, ma dal rivestimento dorato. L'alloro è una pianta mitologica e l'oro è un minerale che l'organismo umano non rifiuta: sono forti le relazioni che si instaurano tra l'ombra del fogliame e l'ombra all'interno dei polmoni, tra le foglie che producono ossigeno e i polmoni che lo respirano, tra la cavità dei polmoni e gli spazi vuoti che permettono il processo di fusione attraverso cui si ottiene la scultura.

Respirare l’ombra, 1998

© Archivio Penone

Nella mostra del 1999 al Centro Galego de Arte Contemporánea di Santiago de Compostela, le pareti di uno degli ambienti del museo sono state coperte di foglie di alloro, trattenute in griglie metalliche. Il profumo delle foglie permeava lo spazio, mentre la scultura dei polmoni dorati era stata appesa a parete all'altezza dei polmoni di un uomo adulto.

Respirar la sombra / Respirare l’ombra è anche il titolo del libro pubblicato in occasione della medesima mostra, nel quale per la prima volta sono pubblicati i soli scritti dell’artista.

[Cfr. Daniela Lancioni, Soffi (Breaths), in Giuseppe Penone. The Inner Life of Forms, a cura di Carlos Basualdo, Gagosian, New York 2018, booklet V]

Respirare l'ombra, 2000

Soffio, 1978

© Archivio Penone