Alpi Marittime

Nell’inverno tra il 1967 e il 1968, agli esordi della sua carriera, Giuseppe Penone realizza una serie di azioni all’aperto nei boschi attorno a Garessio, suo paese natale. Queste azioni, fotografate e raccolte sotto il titolo di Alpi Marittime, chiaro omaggio a quei luoghi, al confine tra Piemonte e Liguria, contengono già in sé i temi fondamentali di una ricerca artistica personale destinata a emergere negli anni a venire: l’acqua, gli alberi che crescono, gli elementi viventi del bosco.

Attraverso il coinvolgimento dei materiali fluidi dell’ambiente nel processo scultoreo, l'azione dell'artista e l’azione della natura si fondono in una identificazione totale, una "somma di forze - come ha scritto Penone - da cui l'opera nasce nel tempo".

Sento il respiro della foresta,
odo la crescita lenta e inesorabile del legno,
modello il mio respiro sul respiro del vegetale,
avverto lo scorrere dell’albero attorno alla mia mano appoggiata al suo tronco.

Il mutato rapporto di tempo rende fluido il solido e solido il fluido.
La mano affonda nel tronco dell’albero che per la velocità della crescita e la plasticità della materia è l’elemento fluido ideale per essere plasmato.

Il tempo inteso come dimensione soggettiva delle cose,
l’uso e l’analisi del tempo nella relazione tra l’uomo e gli altri elementi,
l’energia che viene espressa e misurata attraverso il tempo,
l’uso dell’energia come espressione e linguaggio…

Alpi Marittime, 1968

© Archivio Penone

Per la sua formazione Penone è in quegli anni a Torino, la città della FIAT, che esprime allora la sua più forte identità industriale e dove non a caso prendono avvio il movimento studentesco e le proteste dei lavoratori. È iscritto all’Accademia di Belle Arti, ma trova i principali stimoli soprattutto nell’ambiente delle gallerie d’arte, mentre sviluppa per reazione al contesto politico e sociale un rifiuto delle tecniche artistiche tradizionali e dei luoghi ad esse deputati. Sceglie così di tornare a lavorare nella natura, non per dominarne gli elementi, ma per assecondarne la forza ispiratrice. Ed è proprio lo scenario delle Alpi Marittime quello in cui riconosce il suo vero luogo di formazione e di ispirazione, dove è possibile stabilire uno scambio artistico con l’ambiente, e dove il soggetto creativo fa parte di esso.

Pietre e alberi, 1969

© Archivio Penone

La scelta del toponimo 'Alpi Marittime' quale titolo per la serie di azioni con cui avvia il suo percorso di artista ha un duplice significato: tanto nella volontà di richiamarsi all'idea di un’ambiente di mare e di montagna, che caratterizza i luoghi in cui queste azioni prendono forma, quanto nell’evocare l’immagine di un confine permeabile attraverso cui l’artista e il paesaggio naturale interagiscono in reciproci, dinamici, scambi. In questo contesto, Penone si concentra su processi che implicano l’accostamento di materiali tali da provocare effetti duraturi sugli elementi naturali e sensazioni fisiche immediate, attraverso cui cerca la propria affermazione. I sottotitoli che assegna ai lavori sono riflessioni che descrivono brevemente le fotografie che scatta a documentare queste sperimentazioni.

Alpi Marittime. Ho intrecciato tre alberi, ad esempio, descrive l’azione di intrecciare i fusti sottili di tre giovani frassini spuntati dal terreno l’uno accanto all’altro. Una pratica normalmente impiegata in botanica per rafforzare il tronco o per ottenere un effetto decorativo, come l’intreccio dei tre alberelli, diventa nell'immaginazione creativa dell'artista la rappresentazione di "tre parole dette contemporaneamente da tre persone che osservano il centro del triangolo di cui formano i vertici" - così come si legge nell’iscrizione di un disegno coevo sul medesimo soggetto.

Alpi Marittime. Ho intrecciato tre alberi, 1968

© Archivio Penone

In Alpi Marittime. Continuerà a crescere tranne che in quel punto l’artista appoggia la sua mano sul tronco di un frassino dal diametro poco più ampio di quello che il suo palmo può stringere. La stretta fisica è quindi sigillata con una morsa in filo di ferro, di seguito sostituita da un calco della stessa mano, prima in acciaio e poi in bronzo. Per effetto della pressione prolungata, il tronco smette di crescere in quel punto, ma la pianta continua a svilupparsi intorno al calco, conservando la presa dell'artista.

Similmente, in Alpi Marittime. L’albero ricorderà il contatto l'artista si aggrappa al fusto di un ontano e vi traccia il profilo di tutto il suo corpo con un filo di zinco fissato con chiodi di ferro. Il tronco che cresce ingloba i materiali applicati, formando un solco dai bordi rilevati, che costituisce la memoria dell'albero di questo contatto. Filo metallico e chiodi si ritrovano anche in Alpi Marittime. I miei anni collegati da un filo di rame a delineare il contorno della mano di Penone appoggiata sul tronco di un frassino, avvolto in un disegno a spirale: "alla sua forza aderisce la mia forza", scrive. Lungo il filo l'artista sistema dei piombini, uno per ogni anno della sua vita, dichiarando di volerne aggiungerne altri, tanti quanto gli sarà concesso di vivere: alla sua morte saranno collegati a un parafulmine, in modo che una scarica elettrica possa fondere tutti gli elementi insieme. Anche in questo caso l'albero incorpora nella sua crescita i chiodi, il filo di rame e piombini, recandone traccia sulla superficie.

Alpi Marittime. Continuerà a crescere tranne che in quel punto, 1968
Alpi Marittime. L’albero ricorderà il contatto, 1968

© Archivio Penone

In Alpi Marittime. Crescendo innalzerà la rete l’artista pone la cima di un piccolo albero all’interno di un cubo di rete metallica, privo della faccia inferiore. Al di sopra pone un cavolfiore, una zucca e due peperoni trasformati in sculture attraverso un rivestimento in gesso e cemento. La spinta verso l'alto dell'albero in crescita solleva il cubo, contrastata dal peso della rete e degli oggetti.

Alpi Marittime. Crescendo innalzerà la rete, 1968
Alpi Marittime. La mia altezza, la lunghezza delle mie braccia, il mio spessore in un ruscello, 1968

© Archivio Penone

In Alpi Marittime. La mia altezza, la lunghezza delle mie braccia, il mio spessore in un ruscello l’elemento naturale coinvolto è invece l’acqua, quella di un ruscello nella foresta, che si converte in una scultura con le fattezze dell’artista. Penone crea dei calchi in gesso del suo viso, delle sue mani a palmi aperti e dei suoi piedi. Con quattro lastre di cemento forma una cornice rettangolare le cui misure interne corrispondono alla sua circonferenza, alla sua altezza e alla lunghezza delle sue braccia aperte. Prima che il cemento si indurisca, si sdraia a terra, allungandosi all’interno, e preme i calchi nei punti in cui sarebbero stati la testa, le mani e i piedi se fosse rimasto in quella posizione. Infine immerge la cornice nel ruscello a creare una sorta di vasca attraverso la quale l’acqua scorre, assumendo in un rinnovamento costante la forma del suo viso, mani e piedi.

[Cfr. Daniela Lancioni, Alpi Marittime (Maritime Alps), in Giuseppe Penone. The Inner Life of Forms, a cura di Carlos Basualdo, Gagosian, New York 2018, booklet I]

Albero e pietra, 1969

© Archivio Penone