Alberi

Assolutamente centrale nella ricerca di Giuseppe Penone, l’albero è il tema intorno al quale si sviluppa l’omonima serie (Alberi) intrapresa dagli esordi del suo percorso, e tuttora aperta. In queste opere la materia naturale, mutando nel tempo e attraverso l'azione dell'artista, assume l'aspetto di una scultura autonoma e duratura, capace di rivelare una verità che non è metafisica, ma oggettiva e incontestabile.

Spogliare l'albero strato per strato
dal peso dei suoi gesti fissati nel legno,
per riscoprire il momento dell'equilibrio
tra la dimensione del legno e la forma dell’albero.

Giuseppe Penone al lavoro su Albero di 12 metri, 1970 a Monaco (Germania), 1970

© Archivio Penone

L’idea scaturisce dalla riflessione sulle opere e sui materiali che circondano l’artista, sin dai primi lavori sul finire degli anni Sessanta. Nel ripensare alla mano di metallo stretta attorno al tronco del frassino in Continuerà a crescere tranne che in quel punto (vedi Alpi Marittime) e al tronco che con il tempo l’avrebbe incorporata, Penone intuisce che, potendo ipoteticamente riportarla alla luce in un secondo momento, avrebbe ritrovato il contatto originale della sua mano con l’albero; e analogamente, osservando alcune travi appoggiate a un muro, Penone nota che nelle linee e nei nodi visibili in superficie sono riconoscibili gli anelli di crescita del tronco e le sezioni dei rami delle piante da cui sono ricavate: scavando una trave sarebbe stato quindi possibile ritrovare in essa la forma dell’albero originario.

Il processo che sta alla base della realizzazione dei primi alberi discende da queste osservazioni. Penone sceglie una trave in cui sia visibile il centro assiale del tronco, ovvero il centro degli anelli concentrici corrispondenti agli anni di vita dell’albero. Individuato uno degli anelli ne segue il profilo e inizia a scavare nel legno. Scorteccia la trave con gli strumenti tradizionali dell’intagliatore: il mazzuolo, la sgorbia, lo scalpello. Quando incontra dei nodi, vi scava intorno, riportando alla luce porzioni di rami che nel tempo erano stati inglobati nel tronco. La trave è scavata sino a far emergere la pianta come era stata in un momento precedente a quando la mano dell’uomo o gli agenti naturali ne avevano bloccato la crescita.

L’albero però non viene estratto completamente dalla trave: è lasciata un’indicazione a suggerire il processo che genera l’opera. Spiega infatti l’artista che "se avessi scoperto tutta la forma dell’albero, il lavoro, dal punto di vista concettuale, sarebbe stato perfettamente compiuto, ma non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere compreso se non attraverso il racconto".

Gli alberi del tetto, 1970

© Archivio Penone

L'azione dello scortecciare una trave ha il senso di una rivelazione duplice: porta alla luce l'albero di partenza e rivela l'origine naturale di molti oggetti della nostra vita quotidiana. Dopo aver osservato una di queste opere, aumenta in noi la capacità di vedere. Assi, pavimenti, sedie, barche e ogni altro simile manufatto ci appaiono come ciò che sono stati in origine: alberi.

L'opera ottenuta attraverso questo processo esprime una tautologia: è un albero fatto con il legno dell'albero stesso, una sorta di "ready-made", ma anche un oggetto autonomo e insieme un’opera visionaria. Come nei lavori precedenti, l’artista esprime il rifiuto di una paternità esclusiva dell'opera a favore di un processo condiviso con la natura, e al contempo presenta una critica alla standardizzazione imposta da una società industriale volta al profitto. Perché il portare alla luce un albero da una trave come tante - identica a migliaia di altre sul mercato - e la perizia che il processo stesso richiede nel lavoro manuale dell’intaglio contrastano con la ripetitiva e frammentaria azione produttiva di una catena di montaggio - argomento scottante in un momento in cui si assiste alla diffusa perdita di conoscenze pratiche e di competenze artigianali. Inoltre, mentre in quegli anni è in atto una tendenza alla dematerializzazione dell’opera d’arte, l’albero è in tutto e per tutto un oggetto, che Penone realizza di grandi dimensioni perché non venga interpretato come soprammobile.

Penone ha ripetuto più volte questa azione, creando molte opere e proponendole in forme diverse, come diverse sono le forme in natura. In questo senso, gli Alberi sono un'esplorazione del concetto di identità. Lo dimostrano la complessità e la profondità del titolo attribuito a una delle sue prime realizzazioni, nel 1969: Il suo essere nel ventiduesimo anno di età in un'ora fantastica.

Giuseppe Penone, Albero di 4 metri, 1969

© Archivio Penone / © Paolo Mussat Sartor

Raccogliere in un unico spazio la foresta degli alberi ritrovati nel legno è ricreare l’intreccio delle relazioni sociali esistenti tra gli individui del bosco e i segreti contatti delle loro radici, la mescolanza, l’unione, l’intimità che l’idea della selva suggerisce.

Sorgete alberi del bosco, della foresta, sorgete alberi dei frutteti, dei viali, dei giardini, dei parchi, sorgete dal legno che avete formato, riportateci la memoria del vostro vissuto, raccontateci gli eventi, le stagioni, i contatti della vostra esistenza.

Riportateci al bosco, all'oscurità, all'ombra, al profumo del sottobosco, allo stupore della cattedrale che nasce nel bosco.

Esposti per la prima volta a Torino nel 1969, nella Galleria di Gian Enzo Sperone, gli Alberi rivelano un potenziale straordinario che è stato esplorato da Penone in vari modi.

Nelle prime versioni, un segmento di tronco emerge lungo tutta la superficie della trave, con l’effetto di un altorilievo: questi Alberi, detti orizzontali, sono disposti in diagonale, appoggiati al pavimento e puntellati al muro, oppure posizionati a terra.

Altri Alberi, cosiddetti verticali, risalenti al 1979-80, sono ricavati da travi a sezione quadrata, ed emergono a tutto tondo, ad eccezione di un’estremità lasciata grezza, che fa da supporto in modo che possano essere allestiti in posizione eretta. L’Albero di 12 metri (1980), esposto nel 1982 sotto la cupola del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, appartiene a questa serie. Un diverso Albero di 12 metri, ora nella collezione della Tate Modern di Londra, è composto invece da due elementi scavati dalla medesima trave, affiancati a equilibrarsi l’uno con l’altro: nell’elemento che corrisponde alla parte inferiore dell'albero, la trave grezza coincide con la base del tronco; nell’altro, che corrisponde invece alla parte superiore del tronco, la base grezza è la cima dell'albero originale.

Ripetere il bosco, 1969-1997

© Archivio Penone

Nella seconda metà degli anni Ottanta Penone ha creato gli Alberi elicoidali. In questa serie la porzione di trave che viene lasciata intatta è in torsione intorno al tronco scolpito come un'elica.

In un'altra variante, quella dei cosiddetti Alberi libro, il tronco emerge dalla congiunzione di due superfici della trave, come fossero pagine di un libro.

A partire dalla mostra personale allo Stedelijk Museum di Amsterdam del 1980 Penone ha iniziato ad accostare gruppi di alberi sotto il titolo di Ripetere il bosco, riproponendone poi l’installazione secondo combinazioni di volta in volta differenti - da ultimo, l’allestimento studiato per la Art Gallery of Ontario a Toronto, tra il 2007 e il 2008, dove entrambe le facce dei tronchi vengono indagate, ma in punti differenti lungo l’asse della trave.

Ripetere il bosco, 1969-2004

© Archivio Penone

Nella serie Nel legno è intensificato un senso di variabilità e accidentalità e sono visibili le fasi intermedie del processo di realizzazione, con il risultato che lo stato di abbozzo, di incompiuto, rende più evidente l'affinità tra trave e albero.

Albero porta, creato per la prima volta nel 1993, sviluppa ancora altre suggestioni: nel grande tronco di una sequoia è scavato uno spazio vuoto di misure adatte al passaggio di un individuo, come una porta, al cui interno si scopre il fusto slanciato della pianta nei suoi primi anni di vita. La stessa operazione ha dato origine anche al Cedro di Versailles, ottenuto da un albero secolare della foresta del castello che era stato abbattuto da una violenta tempesta nel dicembre del 1999.

[Cfr. Daniela Lancioni, Alberi (Trees), in Giuseppe Penone. The Inner Life of Forms, a cura di Carlos Basualdo, Gagosian, New York 2018, booklet II]

Giuseppe Penone al lavoro su Cedro di Versailles nel suo studio, 2000

© Archivio Penone